
Un lavoro condotto da un team di ricercatori dell’Università tunisina di Sfax guidati da Mohamed Bouaziz, pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry 2014; 62 (42) pp. 10357-10367, ha messo a confronto diversi oli utilizzati nei processi di frittura per valutare quale fosse il più resistente al calore e in grado di garantire la migliore qualità nutrizionale dei prodotti fritti. È infatti noto che il riscaldamento ad alte temperature, soprattutto se ripetuto nel tempo, induce nell’olio di cottura diversi cambiamenti fisico-chimici, oltre a portare alla formazione di nuovi composti potenzialmente tossici.
In questo studio sono stati utilizzati quattro diversi oli raffinati – di oliva, di mais, di soia e di girasole – per friggere delle patate, sia per immersione – a 160° e 190°C – che in padella, a 180°C, riutilizzando l'olio per 10 volte.
Al fine di valutare le condizioni del mezzo di frittura sono stati analizzati diversi parametri chimici, fra cui acidità libera, valore di perossido, fenoli totali e compositi polari totali (TPC), e dai risultati è emerso che l'olio d'oliva è più stabile rispetto agli altri oli di semi considerati, dimostrando una maggiore resistenza all’ossidazione e contenuti di acidi grassi trans e TPC inferiori durante il processo di frittura ad immersione, a 160°C.
Infine, le analisi chemiometriche hanno evidenziato che il deterioramento qualitativo degli oli raffinati utilizzati in frittura è minimo nel caso dell’olio di oliva utilizzato a 160°C e massimo nel caso dell’olio di semi di girasole riscaldato a 180°C.
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